Endometriosi: come riconoscerla e curarla

Endometriosi: come riconoscerla e curarla

Il 10-15% delle donne in età riproduttiva ha una diagnosi conclamata di endometriosi.

I numeri però sono “falsati” in quanto, come riferito dal Ministero della Salute, la patologia interessa almeno il 30-50% delle donne in età riproduttiva.

Com’è possibile questa differenza significativa di dati?

Il problema è duplice. Da una parte si è iniziato a parlare di endometriosi solamente negli ultimi anni, superando anche tanti stigmi e pregiudizi sulle condizioni che interessano le donne e il loro apparato riproduttivo.

Dall’altra c’è un evidente problema di ritardo della diagnosi.

Basta considerare che per arrivare a una conferma diagnostica, come evidenziato dalla Fondazione Italiana Endometriosi, sono necessari tra i 7 e gli 8 anni.

Definizione e sintomi dell'endometriosi

Con il termine endometriosi si fa riferimento alla formazione sulla parte esterna dell’utero di placche di tessuto endometriale che in condizioni normali si formerebbero solamente nell’epitelio uterino.

L’endometrio, infatti, è il rivestimento che ricopre la cavità uterina ed è un tessuto le cui caratteristiche cambiano durante il ciclo mestruale.

Durante il flusso mestruale, infatti, si sfalda determinando, appunto, le perdite ematiche tipiche delle mestruazioni.

Nella fase antecedente l’ovulazione, l’endometrio aumenta di spessore per poi, dopo l’ovulazione, avere le condizioni ideali per consentire l’annidamento dell’embrione eventualmente formatosi.

Scopo di questo tessuto è proprio quello di consentire l’impianto dell’embrione e favorire il corretto sviluppo della gravidanza.

Proprio per questo, l’endometriosi è una condizione con importanti ripercussioni sulla fertilità femminile. Ma non solo.

La formazione di tessuto endometriale in zone diverse dalla cavità uterina, in aree quali le ovaie, i legamenti che sostengono l’utero, le tube di Falloppio e, più raramente, le membrane che rivestono cuore e polmoni, può causare diversi sintomi.

Questo processo irrita i tessuti circostanti, portando alla formazione di aderenze e generando dolore cronico e persistente e che si può intensificare durante il ciclo mestruale, nella parte inferiore dell'addome.

Altri sintomi associati includono:

  • Astenia;
  • Ipertermia;
  • Disagio durante i rapporti sessuali e la defecazione;
  • Presenza di sangue nelle urine e nelle feci;
  • Minzione dolorosa;
  • Manifestazioni depressive.

Le conseguenze psicologiche sono quelle più sottovalutate e sono spesso associate anche alla frustrazione dovuta al non riuscire a ottenere una gravidanza.

Tra le particolarità di questa condizione c’è quella di essere a volte non accompagnata da sintomi manifesti se non, appunto, l’infertilità di cui è responsabile nel 30-40% dei casi.

È, quindi, una condizione invalidante che compromette la qualità della vita e può condizionare le scelte delle donne che ne soffrono.

Anche per questo in Italia rientra nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti per le quali, nelle forme più gravi, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) riconosce in esenzione alcune prestazioni specialistiche.

Fattori di rischio e cause dell'endometriosi

Ad oggi non esistono evidenze certe che spieghino le cause dell’endometriosi.

Questa incertezza sui meccanismi responsabili dell’anomala formazione di tessuto endometriale è uno degli elementi che rallentano l’accertamento diagnostico.

Tra le ipotesi che provano a spiegare le cause dell’endometriosi c’è la risalita di frammenti di endometrio durante le mestruazioni nelle tube di Falloppio verso le ovaie.

Secondo altre teorie questi frammenti vengono trasportati altrove tramite il sangue o i vasi linfatici o, ancora, alcune cellule che si trovano all’esterno dell’utero possono trasformarsi in cellule endometriali.

Tra i fattori di rischio noti c’è una sorta di familiarità per cui è probabile che l’endometriosi si sviluppi in soggetti che hanno familiari di primo grado con la medesima patologia.

Inoltre, l’endometriosi è più probabile nelle donne che non hanno figli, ed è prevalente in coloro che hanno una prima gravidanza dopo i 30 anni.

Altre condizioni che aumentano il rischio includono cicli mestruali brevi, flussi mestruali abbondanti o che durano più di 8 giorni, anomalie strutturali dell'utero e il fatto di aver avuto il primo ciclo mestruale (menarca) prima della norma.

Parallelamente, l’endometriosi sembra essere meno frequente nelle donne con gravidanze multiple, che allattano per un lungo periodo, che utilizzano a lungo contraccettivi orali a basso dosaggio e che fanno regolare attività fisica per più di 4 ore a settimana.

Approcci terapeutici per la gestione dell'endometriosi

Donna che prende dei farmaci per controllare il dolore dell'endometriosi

Anche considerando che non si conoscono le cause e che ha una sintomatologia molto variabile da donna a donna, esistono diversi approcci terapeutici.

Questi differiscono dallo stadio della patologia, dalla volontà di perseguire una gravidanza, dall’età della donna e dalla gravità dei sintomi che riferisce.

Le terapie per l’endometriosi sono sostanzialmente di tipo farmacologico e chirurgico.

Le prime, mediante farmaci che sopprimono l’attività delle ovaie e i secondi per la rimozione o la distruzione del tessuto endometriale anomalo o, nei casi più estremi, per la rimozione dell’utero (isterectomia) o dell’utero e delle ovaie (isteroannessiectomia).

I farmaci che sopprimono la funzione delle ovaie (contraccettivi orali combinati, progestinici, agonisti del fattore di rilascio della gonadotropina, antagonisti del GnRH e Danazolo) rallentano la crescita del tessuto endometriale fuori dalla cavità uterina riducendo, inoltre, sia il sanguinamento che il dolore.

L’approccio farmacologico non elimina la patologia che tende a ripresentarsi appena si sospende la terapia. Questo approccio è spesso utilizzato per le forme lievi di endometriosi.

Per le forme più gravi, compatibilmente con la volontà della donna, si ricorre al trattamento chirurgico.

La distruzione o la rimozione del tessuto endometriale anomalo viene eseguita tramite laparoscopia.

L'operazione si rivela necessaria quando la terapia farmacologica è stata inefficace, quando il tessuto endometriale blocca le tube di Falloppio, in presenza di cisti ovariche (endometriomi), quando i sintomi sono particolarmente gravi e quando la donna è alla ricerca di una gravidanza.

Anche in questi casi la terapia è provvisoria e non risolve del tutto la patologia che si ripresenta successivamente.

L’unica possibilità di risoluzione dell’endometriosi consiste nella rimozione o la soppressione delle ovaie o nella rimozione dell’utero.

Oltre a essere incompatibile con una futura gravidanza, questa soluzione può essere responsabile di numerose conseguenze, specialmente psicologiche, considerando che si tratta di una procedura irreversibile e per questo definitiva.

Consigli per il miglioramento della qualità di vita

Il ricorso ai farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) è il primo metodo impiegato per alleviare il dolore tipico dell’endometriosi.

Nelle forme più lievi della malattia può essere la terapia preferita, ma non è compatibile con la ricerca di una gravidanza.

Non esistendo una cura definitiva dell’endometriosi è importante adottare tutti quegli accorgimenti utili, anche se con un’efficacia ridotta, a ridurre il dolore, o renderlo più sopportabile per consentire un miglioramento della qualità della vita.

Tra le opzioni percorribili c’è il ricorso all’osteopatia e alla fisioterapia che, mediante terapia manuale, consentono di interrompere gli stimoli dolorosi donando un importante beneficio.

Un buon aiuto arriva anche dall’alimentazione. Alcuni cibi, infatti, hanno più di altri proprietà antinfiammatorie e disintossicanti, che possono migliorare la sintomatologia dell’endometriosi.

In questo senso il consiglio è di aumentare il consumo di verdure, frutta, legumi e cereali integrali che contengono fibre e migliorano la digestione e la funzionalità dell’intestino.

Vanno, invece, ridotti carne rossa, latticini e glutine ed evitati gli alimenti industriali, i dolci molto zuccherati, la caffeina e i prodotti contenenti soia.

Supporto emotivo e risorse per donne con endometriosi

Uno degli aspetti più importanti, sebbene più sottovalutati dell’endometriosi, è legato alle conseguenze psicologiche.

Si tratta, come visto, di una condizione con ripercussioni sulla qualità della vita ed è una patologia estremamente dolorosa che, come tale, può influenzare la vita professionale, le scelte quotidiane e accentuare lo stress.

Inoltre, il dolore che si manifesta durante il rapporto sessuale può avere un impatto sia sulla propria identità che sul rapporto di coppia e sulle relazioni interpersonali.

Lo stato di vergogna, l’imbarazzo, la difficoltà a gestire le conseguenze della malattia sia nel luogo di lavoro che in famiglia o con gli amici – frutto anche di enormi pregiudizi sui disturbi femminili (in modo particolare quelli dell’apparato riproduttivo) – possono favorire l’insorgenza di stati d’ansia e disturbi depressivi.

È, quindi, necessario non ignorare il problema e affrontarlo sin da subito con consapevolezza e, laddove necessario, chiedendo il supporto di un professionista.

L’obiettivo è quello di accettare, così come avviene per altre patologie invalidanti, la condizione e sviluppare una strategia efficace che consenta di controllare il dolore e consentire di vivere la propria vita in libertà senza alcun tipo di condizionamento.

Abbiamo visto che l’endometriosi rappresenta una sfida per molte donne in età riproduttiva.

I sintomi variano ampiamente, ma la patologia può influire notevolmente sulla fertilità e sulla qualità della vita.

Nonostante la mancanza di una cura definitiva, esistono diverse opzioni terapeutiche, dalla gestione farmacologica alla chirurgia, con approcci mirati a alleviare il dolore e migliorare la qualità della vita.

È importante, infatti, considerare non solo gli aspetti fisici ma anche quelli psicologici, cercando supporto professionale quando necessario.

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